Zero emissioni nette: una distrazione dall’eliminazione dei combustibili fossili

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Mentre i leader mondiali si riuniscono in Brasile per la Cop30, è necessaria una valutazione critica degli sforzi globali per ridurre le emissioni di gas serra. Nonostante decenni di vertici internazionali sul clima, il tasso di accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera è accelerato, con circa la metà di tutta la CO2 emessa a partire dalla rivoluzione industriale a partire dal 1990. Questa tendenza allarmante si verifica anche mentre il consenso scientifico sui cambiamenti climatici causati dall’uomo si è consolidato – una realtà confermata per la prima volta dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) nel 1990.

L’aumento insostenibile delle emissioni di combustibili fossili

Dati recenti rivelano un quadro preoccupante: nel 2024, le concentrazioni di CO2 hanno raggiunto il livello record di 423,9 parti per milione, con il tasso di crescita annuale che ha registrato l’impennata più grande dall’inizio delle misurazioni nel 1957. Uno sconcertante 90% delle emissioni globali di CO2 nel 2024 derivava dalla combustione di combustibili fossili, mentre il restante 10% era il risultato di cambiamenti nell’uso del suolo.

Mentre gas e petrolio rappresentano oltre la metà delle emissioni globali di combustibili fossili, il consumo di carbone ha raggiunto un livello record, contribuendo per il 41%. Nonostante l’appello alla Cop28 alla “transizione dai combustibili fossili”, gli attuali piani di produzione indicano che l’estrazione di combustibili fossili entro il 2030 raddoppierà più della quantità necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. L’uso continuato del gas naturale viene spesso razionalizzato come un “carburante di transizione”, sebbene questa strategia alla fine ritardi il necessario abbandono di tutti i combustibili fossili.

Soluzioni basate sulla natura: una soluzione insufficiente

Invece di dare priorità alla rapida eliminazione dei combustibili fossili, le politiche climatiche fanno sempre più affidamento su “soluzioni basate sulla natura” – che spesso comportano la piantagione di alberi – per compensare le emissioni. Sebbene proteggere e ripristinare i pozzi naturali di carbonio come le foreste e le zone umide sia vantaggioso, la ricerca indica che non c’è abbastanza terra per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette attraverso questi soli metodi.

Per rispettare gli attuali impegni di zero emissioni nette, circa 1 miliardo di ettari – un’area più grande degli Stati Uniti – dovrebbero essere convertiti dagli usi esistenti, come la produzione alimentare, a progetti di sequestro del carbonio entro il 2060. Anche se questa ambiziosa conversione potesse essere realizzata, le foreste impiegano molto tempo per maturare e sono vulnerabili agli incendi e alle condizioni meteorologiche estreme, rendendole una soluzione inaffidabile per lo stoccaggio del carbonio a lungo termine.

L’illusione dello zero netto: spostare il fardello

I processi naturali della Terra assorbono circa la metà della CO2 emessa ogni anno, mentre il resto viene assorbito dagli oceani e dagli ecosistemi terrestri. Tuttavia, man mano che il pianeta si riscalda, questi pozzi naturali stanno diventando meno efficaci, portando a un maggiore accumulo di carbonio atmosferico. In effetti, le politiche climatiche che fanno molto affidamento sui pozzi naturali di carbonio non fanno altro che alleviare l’industria dei combustibili fossili dalla pressione di ridurre le proprie emissioni.

Il raggiungimento dello zero netto entro il 2050 richiede la rimozione del biossido di carbonio (CDR). Gli attuali sforzi di CDR si concentrano principalmente su metodi basati sulla terraferma, consentendo agli inquinatori di acquistare crediti di carbonio e continuare la propria attività come al solito, senza riuscire ad affrontare la causa principale del problema: la continua combustione di combustibili fossili. Questa pratica si aggiunge essenzialmente ad un crescente “debito di carbonio” che graverà sulle generazioni future.

Oltre lo zero netto: la necessità di emissioni nette negative

Per affrontare veramente la crisi climatica e prevenire un significativo superamento degli obiettivi di temperatura fissati dall’Accordo di Parigi, il mondo deve andare oltre lo zero netto e lavorare attivamente verso “emissioni negative nette”, riducendo le emissioni storiche accumulate. Attualmente, il CDR basato sulla vegetazione assorbe solo circa l’1% delle emissioni annuali di CO2 fossile, mentre il CDR basato sulla tecnologia rappresenta una quantità trascurabile.

In definitiva, l’attenzione prevalente sullo zero netto rappresenta una “scappatoia insidiosa” che distoglie l’attenzione dall’imperativo scientifico essenziale: l’eliminazione dei combustibili fossili. La storia suggerisce che la Cop30, come i vertici precedenti, si tradurrà probabilmente in impegni vaghi piuttosto che in azioni immediate e concrete. Fino a quando i leader non implementeranno un prezzo sul carbonio che porrà fine all’era dei combustibili fossili, le conseguenze fisiche del cambiamento climatico continueranno a intensificarsi.

La scelta che abbiamo davanti è dura: affrontare la realtà scientifica della nostra situazione con un’azione decisiva, oppure sopportare le ripercussioni di questo profondo fallimento morale per i secoli a venire.