La colite ulcerosa, una malattia infiammatoria intestinale debilitante (IBD), può essere scatenata dalle tossine prodotte dai batteri comuni presenti nell’acqua contaminata. Una nuova ricerca dell’Università di Nanchino in Cina suggerisce che l’esposizione a questi batteri porta alla distruzione di cellule immunitarie cruciali nel colon, aumentando significativamente il rischio di sviluppare la condizione. Questa scoperta potrebbe rimodellare il modo in cui affrontiamo sia il trattamento che la prevenzione della colite ulcerosa, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo.
Il ruolo dei macrofagi nell’immunità intestinale
La colite ulcerosa è caratterizzata da un’infiammazione cronica del colon e del retto, che spesso alterna periodi senza sintomi a gravi riacutizzazioni. Le cause esatte della malattia sono rimaste sfuggenti, nonostante siano parzialmente collegate a risposte autoimmuni, genetica e fattori ambientali. I ricercatori ora credono che i macrofagi – cellule immunitarie responsabili dell’eliminazione dei detriti e della regolazione dell’infiammazione – siano fondamentali per comprendere la progressione della malattia.
I macrofagi agiscono come guardiani, lanciando allarmi quando è necessaria l’infiammazione, ma segnalando anche un ritorno alla calma. Gli studi rivelano che i pazienti con colite ulcerosa hanno un numero significativamente inferiore di macrofagi nel tessuto del colon. Esperimenti sui topi hanno confermato che l’eliminazione di queste cellule li rendeva più suscettibili allo sviluppo di colite, suggerendo che l’esaurimento dei macrofagi contribuisce direttamente all’infiammazione dell’intestino.
Aerolisina: la tossina al centro del problema
Il collegamento fondamentale è emerso quando i ricercatori hanno identificato l’aerolisi, una potente tossina prodotta dal batterio Aeromonas. Questa tossina uccide selettivamente i macrofagi senza danneggiare le altre cellule intestinali. I ceppi Aeromonas in grado di produrre aerolisina, detti MTB (batteri tossici per i macrofagi), si trovano frequentemente in ambienti di acqua dolce e salmastri.
Quando i topi venivano infettati da MTB, la loro suscettibilità alla colite aumentava notevolmente. Tuttavia, la disattivazione del gene responsabile della produzione dell’aerolisi o la neutralizzazione della tossina con anticorpi hanno impedito questo effetto. Sorprendentemente, la tossina è stata rilevata nei campioni di feci del 72% dei pazienti con colite ulcerosa, rispetto solo al 12% dei controlli sani.
Una relazione complessa, non una causa semplice
Sebbene i risultati siano convincenti, i ricercatori sottolineano che la MTB non è l’unica causa di colite ulcerosa. La malattia sembra essere multiforme, influenzata sia dalla predisposizione genetica che da altri fattori ambientali. Alcuni individui possono essere portatori di MTB senza sviluppare la colite e la malattia può manifestarsi indipendentemente da questa esposizione batterica.
“L’infezione persistente da MTB può indurre uno stato di ipersensibilità nel colon, ma ciò non significa che ogni individuo infetto svilupperà la colite. L’insorgenza della colite in questo contesto è senza dubbio influenzata da fattori ambientali e genetici”, spiega Xuena Zhang, ricercatrice capo dello studio.
Trattamenti futuri e incidenza in aumento
La ricerca apre diverse strade per nuovi trattamenti, tra cui la neutralizzazione dell’aerolisi con farmaci, lo sviluppo di vaccini mirati alla tossina o ai batteri o l’uso della terapia fagica per eliminare i ceppi produttori di tossine.
Martin Kriegel dell’Ospedale universitario di Münster osserva che il legame tra MTB e colite può essere particolarmente forte in regioni come la Cina, dove le infezioni da MTB sono comuni. Data la crescente incidenza globale delle IBD, comprendere il ruolo dei fattori ambientali come la MTB potrebbe essere cruciale per strategie di prevenzione efficaci.
I risultati suggeriscono che la colite ulcerosa potrebbe essere più strettamente legata alle esposizioni ambientali di quanto si pensasse in precedenza. Sono necessari ulteriori studi epidemiologici per confermare il legame tra MTB e la malattia, ma le prove attuali indicano un fattore significativo e potenzialmente prevenibile nello sviluppo di questa condizione infiammatoria cronica.
